Kandinsky proveniva dagli studi di legge e il suo sforzo teorico si compie nella sua piena maturità intellettuale. Nel 1911 scrive un trattato in cui, nella prima parte fa chiari riferimenti al suo profetismo neoromantico. “La nostra anima che dopo un lungo periodo di materialismo è al suo risveglio, porta in se i germi della disperazione che viene dalla mancanza di fede, da mancanza di scopo e di meta. Tutto l’incubo delle concezioni materialistiche, che della vita dell’universo hanno fatto un gioco malvagio e senza scopo, non è ancora passato. L’anima in via di destarsi sente ancora forte l’impressione di quell’incubo. Solo una debole luce spunta come un piccolo puntino nell’enorme cerchio nero. Questa luce debole è come un barlume, che l’anima non ha quasi il coraggio di vedere, nel dubbio che essa, la luce, sia sogno, e il cerchio del nero, realtà. Per Kandinsky la storia dell’umanità è tutta racchiusa in questa marcia ascetica dal materialismo allo spiritualismo, cioè dal male al bene, dal buio alla luce, dall’angoscia alla felicità. L’arte non deve affrontare un cammino differente: dal greve e umiliante impaccio della realtà materiale all’astratta libertà della visione pura.Sull’arte dice: “ quanto più questo mondo diventa spaventoso, tanto più l’arte diventa astratta, mentre un mondo felice crea un’arte realistica”. E’ evidente come l’arte, per Kandinsky, sia un modo di salvare se stessi fuori dalla storia. Base dell’arte è solo il principio della necessità interiore, il colore è il mezzo che esercita un influsso diretto sull’anima: “il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’anima è il pianoforte dalle molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quell’altro tasto, mette preordinatamente l’anima umana in vibrazione”. Ciò cui deve tendere l’artista è l’adeguamento dei tasti, cioè dei colori, al principio della necessità interiore. Per fare questo è indispensabile chiarire la complessa natura del colore. Kandinsky divide il colore nella sue due fondamentali categorie: il caldo e il freddo dell’intonazione nei suoi vari gradi di chiarezza e di cupezza. Di qui nasce tutta una complicata simbologia psicologica dei colori che, a seconda della loro appartenenza ai vari gradi delle intonazioni calde o fredde, determinano particolari risonanze nell’anima. Così veniamo a sapere, ad esempio, che il verde assoluto è nel mondo dei colori ciò che nel mondo umano è la cosiddetta borghesia: un elemento, cioè un’immobile, limitato in tutti i sensi.Nella sua teoria, inoltre, Kandinsky introduce anche la nozione di movimento dei colori stessi, movimenti orizzontali, centrifughi e centripeti. Il dinamismo dei colori, come il colore in sé, sono però connessi alla forma. Un colore illimitato, cioè senza forma, lo si può soltanto pensare, non realizzare sulla tela. Nel quadro il colore deve venire delimitato da altri colori, che sono là ineluttabilmente a che in nessun caso è dato da evitare. Tra forma e colore vi è dunque una inevitabile e reciproca interazione. Vale perciò anche per la forma ciò che si è affermato per il colore: l’adeguamento al principio della necessità interiore, principio che Kandinsky, per altro, non ha mai cercato di definire con chiarezza. Per Kandinsky tale adeguamento avviene nella maniera più perfetta in quelle forme che prescindono dall’oggettività, anche se la pura astrazione, oggi, “pochi artisti soltanto possono praticarla”. Con lui l’opera d’arte diventa soggetto, un mondo a sé, un universo autonomo, con leggi proprie, non più l’equivalente di un contenuto preesistente ma contenuto nuovo e originale, forma nuova dell’essere che suscita nella nostra interiorità vaste e profonde risonanze spirituali.
Le prime pitture di Kandinsky si nutrivano di numerose fonti culturali. Reminiscenze dalla Russia contadina, con il suo mondo fiabesco, si mescolano continuamente ai suoi motivi.
Fino al 1906, dunque, si trovano motivi che som
igliano più a paesaggi simbolici dell’animo che a studi paesaggisitici eseguiti sul posto. Ciononostante il paesaggio, creato in base alla impressioni personali, rimane il soggetto dominante in questi anni di viaggi che si prolungheranno fino al 1908. Sul piano formale le sue tele mostrano il cromatismo luminoso della pittura plain air. Le singole tonalità vengono scomposte in brevi pennellate mobili che fanno vibrare ritmicamente l’intera superficie. La sua evoluzione artistica non si ebbe in maniera continua e coerente , il tratto non si chiude in forme compatte e finite, ma le pennellate hanno una densità irregolare, las
ciando intrave
dere tra i colori la struttura della tela; talvolta formano anche uno strato compatto di
colori pastosi. Si avvicina all’arte popolare russa adottando una pennellata di tipo pointillistico. Kandinsky adottò un nuovo orientamento stilistico quando, dopo il suo trasferimento a Monaco, stette a stretto contatto con Jawlensky. Confrontando due suoi dipinti, Grungasse Murnau, 1909 e Gabriele Munter
che dipinge a Kallmunz, 1903, è evidente l’evoluzione.
Il dipinto del 1
903 raffigura Munter che dipinge davanti ad un cavalletto, sul quale è collocata una minuscola tela. In posizione centrale, trasversalmente al m
otivo, corre un recinto, interrotto soltanto da un’entrata che si intravede dietro la testa della pittrice. Il tratto è impressionista, dissolto in pennellate indipendenti applicate parallelamente. La figura della pittrice, con il suo lungo abito blu, privo di corpo, sta ad indicare la tendenza al Romanticismo di Kandinsky. Anche il dipinto realizzato nel 1909 a Murnau, mostra delle case ed una strada. Gli edifici, la carreggiata e i cespugli in fiore rimangono riconoscibili, eppure sono soltanto un
o spunto, per dare vita al gioco di contrasti creato dal brillante cromatismo. Kandinsky ha ridotto le forme e le leggere pezzature di colore pastoso si estendono in generose superfici. Il motivo, le pareti, le finestre e le porte delle case, determinano la ripartizione delle zone di colore naturali propri delle cose. Kandinsky distribuisce i contrasti, il giallo sull’arancio o sul blu, seguendo soltanto delle concezioni estetiche. Nella misura in cui i colori si rendono indipendenti diminuisce ulteriormente l’effetto prospettico.
Le sue formulazioni teoriche e i primi acquerelli astratti furono preceduti da un processo di conoscenza e di apprendimento durato circa un
decennio. Nel 1895 aveva visto a Monaco Covoni di fieno di Monet ed era rimasto affascinato dal cromatismo e dalla luminosità del quadro, pur senza aver preso coscienza del motivo rappresentato. In seguito rimase folgorato da un dipinto che trovò nel suo atelier, dal suo ritmo libero, che in seguito scoprì essere una sua tela capovolta. Da queste due situazioni capì che l’arte non aveva bisogno di modelli concreti ma poteva benissimo esprimersi tramite una libera raffigurazione di forme e di colori; il materiale per la composizione astratta è quindi la loro l’autonomia .
Kandinsky dipinse dieci composizioni, in grande formato, risultato di lunghi processi di formazione con numerosi disegni preparatori, acquerelli e schizzi d’olio, di dettagli o dell’intera composizione;
Le improvvisazioni sono immagini nate in modo spontaneo che fissano il “suono interiore”;
Le impressioni fanno riferimento al modello naturalistico.
Il dipinto improvvisazione 9, 1910, Kandinsky lo definisce come
“espressioni inconsce dei processi del carattere interiore, impressioni della natura interiore”. Il dipinto mostra un vasto paesaggio di montagna, simile ad un panorama, che secondo lui ben si presta alla tecnica dell’astrazione. Il paesaggio è ben definito dalla rimarcazione di arcuate linee nere che non solo rendono l’imma
gine astratta ma dividono l’ampia superficie della tela in spazi più piccoli, regolando quindi le distese di colore. La forza espressiva di questa tela è sicuramente nella dominate colorazione viola e dai suoi colori complementari. I toni del rosso, del giallo e del verde completano armoniosamente la composizione, creando allo stesso tempo delle dissonanze. Il ritmo dell’immagine è determinato da pennellate rapide e brevi.
Negli anni seguenti libera le sue rappresentazioni dagli ultimi legami con l’oggetto e allo stesso tempo rinuncia alle forme arcuate, che mantengono vivo il ricordo del paesaggio montuoso anche in quelle composizioni che altrimenti apparirebbero completamente libere. I contorni, solitamente neri, non limitano più i color
i l’uno con l’altro, ma li tagliano spesso di traverso.
Nelle opere di Kandinsky più mature forme e colori, linee e superfici, sono
certamente due mezzi di composizione indipendenti l’uno dall’altro, che nell’immagine vengono congiunti in una composizione estetica. In questi dipinti la sua tavolozza si schiarisce e diviene più trasp
arente. I colori si estendono in ampie superfici su tutto il fondo bianco della tela e rimangono liberi, non racchiusi cioè dagli altri colori limitrofi. La forte espressività si fa sempre più spirituale e meditativa. Paesaggio con chiesa, 1913, mostra una colorazione pastello, schiarita con il bianco in delicate colorazioni.
Inoltre i rapporti che legavano Kandinsky alla chiesa greco-ortodossa e alla sua patria hanno lasciato tracce su tutta la sua opera. R
icordiamo pastorale, diluvio universale, cavaliere dell’apocalisse, improvvisazione.
Kandinsky ed il Jugendstil
Lo Jugendstil, dal nome che prese in German
ia, o liberty, come dall’inglese fu detto in Italia, o art nouveau, dalla denominazione francese, esercitò una forte attrattiva sugli artisti che dall’inizio del secolo cercavano di uscire dalle strettoie naturalistiche. I rapporti tra Liberty e pittura meriterebbero un esame particolare. Nel liberty c’è l’esotismo e il simbolismo dell’arte orientale, dell’arte giapponese in specie, che già aveva esercitato il suo fascino su alcuni impressionisti e su Van Gogh. C’è la libertà dell’invenzione formale affidata alla linea che può svolgersi al di fuori dell’imitazione dell’oggetto, in uno spazio proprio, svincolata da quelle regole di simmetria che dal Rinascimento avevano dominato sino a tutto il secolo diciannovesimo. La prospettiva rinascimentale si avvia nel liberty, nell’ambito della pittura, al suo esaurimento in favore dell’immaginazione senza profondità, cioè ri
solta solo in superficie. Da qui il carattere decorativo del liberty. Ci fu un incontro tra Kandinsky e Van De Velde, in cui quest’ultimo, maestro del’art Nouveau diede una definizione della linea: “la linea è una forza e come tutte le forze elementari è attiva; più linee messe in relazione, ma contrastanti, hanno lo stesso effetto di numerose forze elementari che si contrappongono”. Questa definizione, fondamentale per comprendere il movimento, spinge alle estreme conseguenze la proposta di autonomia della linea, da cui possiamo prospettare i primi risultati astratti di Kandinsky.
La linea liberty si muove sul rettangolo del foglio, o della tela sorretta da un impulso fantastico, s’arricciola, si spezza, s’impen
na, procede dritta, ripiega repentinamente. Ormai l’opera non ritrae più il mondo oggettivo, il ponte con la realtà non esiste più. È l’armonia misteriosa dell’universo, è la presenza di Dio in esso, che Kandinsky intende far risuonare nello spirito dell’uomo coi puri mezzi della pittura finalmente liberati dalla schiavitù dell’oggetto. Il processo che ha portato Kandinsky verso una forma di astrattismo-espressionismo lirico è stato influenzato anche dalla musica. Proprio in quegli anni Kandinsky era amico di Shonberg, futuro inventore della dodecafonia, ed espresse un suo pensiero sulla relazione fortissima tra arte e musica: “ L’affinità tra musica e pittura.. è il punto di partenza della via per la quale la pittura, con l’aiuto dei propri mezzi, si andrà sviluppando fino a diventare arte in senso
astratto. Essere privi di senso musicale vuol dire essere chiusi alla comprensione dello spirito e alla comprensione morale del bene. Per questa strada Kandinsky giunse a sperimentare giochi fantastici sui colori, possibilità sorprendenti e virtù sconosciute. Tali scoperte avranno un peso determinante e positivo in molte soluzioni figurative contemporanee.
Nessun commento:
Posta un commento