L’ Ottocento europeo ha conosciuto una tendenza rivoluzionaria di fondo, attorno alla quale si sono organizzati il pensiero filosofico, politico, letterario, la produzione artistica e l’azione degli intellettuali.
La chiarezza, l’evidenza, l’impegno costituivano il carattere fondamentale cui l’arte, nella sua tendenza generale, doveva ispirarsi. “ L’artista appartiene al suo tempo, vive dei suoi costumi e delle sue abitudini, ne condivide le concezioni e le rappresentazioni…. Occorre inoltre dire che il poeta crea per il pubblico e, in primo luogo, per il suo popolo e per la sua epoca, i quali hanno diritto di chiedere che un’ opera d’arte sia comprensibile al popolo e vicina ad esso”. A differenza del formalismo kantiano, l’idealismo oggettivo di Hegel reintegrava nell’ attività estetica uno specifico contenuto storico. E’ naturale del resto che in un periodo come questo, di combustione rivoluzionaria, la realtà diventasse anche nella produzione estetica il problema centrale. Così si fa strada il realismo che, accompagnato dai suoi canoni di oggettività, si contrappone al precedente Romanticismo; la realtà storica diventa contenuto dell’opera attraverso la forza creatrice dell’artista, il quale, ne metteva in evidenza i valori. “ E’ il contenuto quello che decide, tanto nell’arte quanto in tutte le opere umane”. Hegel.
In seguito alla rivoluzione del ’30 lo stesso Courbet affermò: “ senza la rivoluzione di Febbraio, forse non si sarebbe mai vista la mia pittura “ ; “ rinnegando l’ideale falso e convenzionale, nel 1848, innalzai la bandiera del realismo, la sola a mettere l’arte a servizio dell’uomo. E’ per questo che ho lottato contro tutte le forma di governo autoritario e di diritto divino, volendo che l’uomo governi se stesso secondo i suoi bisogni, a suo diretto profitto e seguendo una propria concezione”.
L’uomo esce fuori dalle esaltazioni mistiche e dalle astrazioni accademiche, lo spirito della scienza si diffonde in ogni disciplina e il realismo impone un dialogo diretto con la quotidianità. Ma sarà proprio la crisi di questa “unità” ‘, scaturita al concludersi della rivoluzione, a dar vita all’ avanguardia ed al pensiero contemporaneo.
L’ arte non era più espressione di verità ma suo occultamento e con piacevole ipocrisia velava la realtà sgradevole. Nascevano i primi distacchi degli intellettuali dalle posizioni politiche e culturali della loro classe portandoli per lungo tempo a una protesta evasiva contro la classe borghese, la società , il costume, la morale e stile di vita. Paul Gauguin è stato sicuramente esemplare per la sua ricerca di un mondo incontaminato ed innocente ed il suo esotismo ha i caratteri di una denuncia “ contro la società guidata dall’oro, criminale, male organizzata”. Si rifugiò nelle isole dell’Oceania, alla ricerca di uno spirito selvaggio che difenderà fino alla sua morte.
A cavallo tra l’Ottocento e il Novecento si sviluppò il positivismo come antidoto contro la crisi che ben presto si rivelò l’ultimo tentativo fallito di unità prima delle guerre mondiali. Il clima continuava ad essere di completa dissidenza e l’espressionismo nasce proprio da questa protesta e critica che si oppone al positivismo. L’espressionismo si rivela in primo luogo come manifestazione del modo di sentire la vita di una nuova generazione, accomunata soltanto dal rifiuto delle strutture politiche e sociali dominanti.
Gli espressionisti concepirono un mondo utopico, scandito dal ritmo della natura, opposto a quello deformato dai cicli lavorativi del sistema industriale, a quello regolamentato dalla società guglielmina. Infatti l’opposizione si concretizzava quasi sempre in un’emancipazione dalla famiglia: la maggior parte dei giovani espressionisti proveniva da famiglie borghesi, capisaldi della società guglielmina. L’impero tedesco di Guglielmo II era una polveriera di tensioni e contraddizioni, imperialismo e nazionalismo, sviluppo industriale incontrollato, crescita abnorme dei centri urbani. Si sviluppano gestioni accentrate e autoritarie del potere, con strutture gerarchiche rigide e conservatrici insieme ad una nuova classe sociale di imprenditori, commercianti e banchieri senza alcuna sensibilità sociale e con un conseguente malcontento delle classi lavoratrici. Si delinea così un quadro statico e attardato senza spirito di rinnovamento, fortemente legato al passato e la stessa pittura, sul finire dell’ottocento, stenta a prendere atto delle rivoluzionarie novità francesi, a tal punto da spingere l’imperatore Guglielmo II a dichiarare: “ I pittori del plein air avranno da me vita difficile: li terrò sotto la mia frusta”. Gli impressionisti raggruppati nella secessione berlinese avevano dominato il panorama culturale del tardo impero, rivendicando il titolo di rappresentanti dell’arte moderna in Germania fino all’inizio della prima guerra mondiale. Ma per la giovane generazione degli espressionisti la variante tedesca dell’impressionismo francese non poteva costituire un punto di riferimento. Inevitabilmente la ribalta artistica dei primi decenni del secolo volge gli sguardi verso altre direzioni, verso coloro che avevano avuto il coraggio di anticipare la loro soggettività opponendosi al conformismo accademico e liberando la loro immedicabile angoscia per il loro dissidio con il mondo.
Il suo antipositivismo è quindi conseguentemente antinaturalismo e anti-impressionismo, anche se poi di fatto, numerose sono le influenze del realismo naturalistico e dell’impressionismo. Zola nel suo saggio su Le roman experimental scrive: “ si finirà per dare soltanto dei semplici studi, la storia d’una passione, la biografia d’un personaggio, le note prese sulla vita e logicamente classificate”; si capiranno meglio allora i motivi antinaturalistici e anti-impressionistici dell’espressionismo.
Se per l’artista naturalista e impressionista la realtà rimaneva sempre qualcosa da guardare dall’esterno, per l’espressionista invece era qualcosa in cui calarsi, in cui vivere dall’interno. Elementi di natura positivistica c’erano stati anche in Courbet, ma negli impressionisti tali elementi erano stati portati all’estremo. “dipingo ciò che vedo” diceva Courbet, “ e’ l’occhio che fa tutto” ripeteva Renoir. Ma ciò da cui si differenziavano gli espressionisti non era tanto il positivismo quanto più quel tono di felicità, di sensibile edonismo, di leggerezza. In tale “felicità”, ignara dei problemi che turbinavano sotto l’apparente calma sociale, si manifestava il completo distacco dell’impressionismo dalla sua matrice realista e al contempo la completa adesione alla “sostanza” dell’illusione positivistica. Hermann Bahr , grande riferimento della poetica espressionista, scrive nel suo saggio del 1916: “noi non viviamo più, siamo vissuti. Non abbiamo più libertà, non sappiamo più deciderci, l’uomo è privato dell’anima, la natura è privata dell’uomo”; “ ed ecco urlare la disperazione: l’uomo chiede urlando la sua anima, un solo grido d’angoscia sale dal nostro tempo. Anche l’arte urla nelle tenebre, chiama al soccorso, invoca lo spirito: è l’espressionismo!” ; “ l’occhio dell’impressionista sente soltanto, non parla; accoglie la domanda non risponde. Invece degli occhi gli impressionisti hanno due paia di orecchi; ma non hanno bocca. Giacchè l’uomo dell’età borghese non è che orecchio, ascolta il mondo ma non gli alita sopra. Non ha bocca; è incapace di parlare del mondo, di esprimere la legge del mondo. Ed ecco l’espressionista riaprire all’uomo la bocca : fin troppo ha ascoltato tacendo, l’uomo: ora vuole che lo spirito risponda”.
Sul finire dell' Ottocento si manifesta, soprattutto in Francia, la fase di opposizione all’impressionismo, mentre in Germania l’esempio degli impressionisti tenta ancora a farsi strada. Questa crisi di rigetto della corrente impressionista immancabilmente crea le premesse per il movimento espressionista.
Artisti come Van Gogh, Gaugain, Cezannè, Seraut, il gruppo dei nabis e dei primi fauves contestano a Monet, Renoir e compagni, di cui hanno assimilato la lezione, il carattere labile e fuggitivo dell’ispirazione, la mancanza di stabilità e di durata del loro potere artistico. Paul Gaugain, insofferente delle convenzioni e dell’ipocrisia della vita borghese, sente il bisogno di esprimersi in modo più netto e sintetico, per vaste e piatte campiture di colore quasi puro liberate dagli effetti di luce e ombra cari agli impressionisti ma cariche troverà sulle isole Tahiti. Altro influente artista della corrente espressionista è Van Gogh che, vivendo sulla sua pelle la continua contraddizione tra arte e società, riesce a trasmettere profondamente la qualità segreta delle cose svelando allo stesso tempo l’universo dei suoi sentimenti, il suo senso di solitudine e la sua necessità di comunicare. Non registra le sue impressioni ma affida alla tensione figurativa della linea e del colore il compito di comunicare gli stati d’animo, le angosce ,la contemplazione più profonda della natura e la fede nell’uomo.
Un altro elemento desunto dal post-impressionismo è l’accentuazione dei contorni e dei profili, una soluzione giapponese che accorda l’apparenza delle forme viventi al movimento della natura.
E poi il misticismo di Hodler, l’anti borghese Ensor e l’angoscia di Munch; tre artisti che arricchiscono le origini dell’espressionismo con intense cariche emotive e spirituali. Di Hodler ammirano il suo profondo radicamento nella sua patria, che in senso materiale paragona la sua terra al sangue. Ensor trasmette ai giovani espressionisti il suo senso di condanna per le debolezze, i vizi e la stoltezza umana con spirito visionario, grottesco, attraverso colori caldi e accesi. Ed infine Munch non si limita alla mera rappresentazione del reale, ma dà forma ai suoi fantasmi, alle sue ossessioni e al suo pessimismo.
Si fa risalire l’origine del nome al commerciante d’arte Paul Cassirer che, contrapponendo le opere di Edward Munch a quelle dell’ Impressionismo, definiva le prime “espressioniste”. Ha contribuito alle definizione di espressionismo anche l’affermazione di Lovis Corinth che nel 1911, in occasione della XXII Mostra della Secessione disse: “ ..abbiamo accolto anche diverse opere di giovani pittori francesi, gli espressionisti, giudicando di non poterne privare il pubblico”.
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