sabato 6 novembre 2010



Franz Marc è legato a doppio filo con Kandinsky, assieme al quale curò l’Almanacco “Der Blaue Reiter”. Nato in una famiglia di artisti, la sua devozione era per la teologia ma infine si ritrovò all’Ac

cademia delle Belle Arti dopo un anno di militare. Conobbe validi insegnanti a cui rimase legato anche artisticamente ma determinante fu il 1903, anno in cui fece un viaggio a Parigi e conobbe le opere degli impressionisti, soprattutto quelle di Manet, ed acquistò delle incisioni giapponesi a scopo di studio. In seguito decise di non far ritorno all’Accademia e il suo orientamento artistico si modificò notevolmente. I suoi colori si schiariscono ed egli comincia a dipingere all’aperto. Le forme si semplificano, si evidenziano le superfici, ma manca la scomposizione impressionistica dei colori. di ritorno a Parigi, qualche anno dopo,

conobbe le opere di Gauguin e Van Gogh, che comportarono grandi cambiamenti nella sua produzione artistica. La statica delle superfici viene spezzata, il tratto si fa più ritmico e dinamico, l’intera immagine dei paesaggi acquista movimento.

Il suo soggetto dominante diventa la figura animale,nelle sue tele gruppi di cavalli e cervi si sostituiscono all’uomo, gli animali incarnano tutte le caratteristiche positive della “purezza”, del “vero” e del “bello”. Sosteneva che “la disposizione fondamentale di tutte le arti” non può rimanere legata alla manifestazione esteriore, ma deve tentare di andare più a fondo, di rappresentare “l’essere assoluto”. Sviluppò una profonda amicizia con August Macke, Bernhard Koehler ed Helmuth Koehler e ben presto li raggiunse a Berlino, dove gli fu offerto di lasciare delle opere in cambio di moneta.

Nel 1911 entrò nella “Nuova Associazione degli artisti di Monaco” e la sua amicizia con Kandinsky fu essenziale. Tra il 1908 e il 1910, continuò la sua ricerca per l’essere assoluto dell’arte e semplificò sempre di più la rappresentazione attraverso la riduzione delle linee, l’individuale e l’aneddotico vennero abbandonati a favore di una tipizzazione dell’animale e del paesaggio. Marc insomma

era alla ricerca del geroglifico: nelle sue rappresentazioni veniva evitata qualsiasi casualità, ma c’era una tale concentrazione sul linguaggio della forma a tal punto che, terminato un lavoro, sarebbe dovuto risultare impossibile “togliere, spostare o aggiungere una benché minima linea” senza disturbare l’ordine e l’espressività della composizione.

Intanto il cromatismo delle raffigurazioni restava prigioniero di un naturalismo tradizionale. In occasione di una mostra del 1910 della “Nuova Associazione degli artisti di Monaco”, Marc si appassionò particolarmente a Derain, Vlaminck e van Dongen. Questi gli avevano mostrato la possibilità concreta di liberare la pittura dalla colorazione naturale ed l’utilizzo del colore come un elemento creativo ed autonomo. “esempi preziosissimi di divisione dello spazio, di ritmo e di teoria dei colori”.

Cavallo nel paesaggio, 1910, costituisce uno dei primi esempi della mutata concezione del colore. Marc sposta il cavallo direttamente sul margine anteriore del dipinto; distolto lo sguardo dall’osservatore, l’animale si volge completamente verso il paesaggio. Nella rappresentazione del cavallo l’artista riprende qui quell’immagine dell’uomo contemplativo e malin

conico immerso nel paesaggio che conosciamo soprattutto nelle opere del romanticismo. Questo cavallo, nonostante il rosso brillante, mostra una colorazione piuttosto attenuata ed entra in scena per accentuare l’effetto della profondità, le ampie distese di colore del paesaggio risaltano particolarmente grazie alle loro tonalità pure ed ai contrasti cromatici creati dal rosso e dal verde, suo colore complementare.La composizione, per Marc, non doveva essere disturbata da molte linee, nessuna delle superfici di colore rese autonome doveva espandersi a piacere al di là del formato. Marc si interessò molto alla teoria dei colori e ne sviluppò una teoria attribuendo ad ogni colore primario una specifica caratteristica: al blu il principio della mascolinità, sobrietà e spiritualità, al giallo la femminilità, sensualità, serenità, al rosso la materia bruta e pesante al quale si contrappongono gli altri colori. Inoltre la miscela di questi colori conduce ad una compenetrazione di queste caratteristiche. Questi suoi studi portarono a conferire, alle sue tele, “una plasticità spaziale, una sicurezza dell’effetto e la ricchezza dei colori” che contraddistinsero la sua opera.


Tra i 1912 e il 1913 Marc fece due importanti esperienze: una con Macke a Parigi e una a Colonia dove fu entusiasto di vedere le opere di una mostra futurista, “ entusiasta senza alcuna ris

erva”. Il dipinto in formato grande Scuderie, del 1913, è una sintesi di entrambe le esperienze. Nell’impostazione Marc ha superato le semplici, ma per questo maggiormente espressive superfici monocrome. Il colore è sottoposto ad una complicata costruzione di superfici. Il motivo, formato esclusivamente da rette, diagonali, forma angolari e circolari viene sottoposto ad una scomposizione prismatica.

Nella rappresentazione dei corpi dei cavalli e delle scuderie Marc raggiunge in questo modo una dinamica simultaneità ed una molteplicità di punti di osservazione: le forme frammentate si compenetrano, i colori acquisiscono una trasparenza mai raggiunta prima dalla sua opera. Da questo periodo in poi, sentiva che il suo rapporto con gli animali si stava deteriorando tant’è che anche l’animale iniziò a considerarlo brutto, impuro e repellente, come l’uomo. “la rappresentazione istintivamente si fece sempre più schematica, astratta.

Alberi, fiori, terra, tutto mi si mostrava ogni anno di più nei suoi lati peggiori e repellenti, finchè improvvisamente

divenni cosciente della bruttezza della natura, della sua impurità”. In dipinti come Scuderie, Il mandrillo o Cavallo sognante, realizzati nel 1913, l’immagine sacra, naturalista dell’animale viene infranta, frammentata e resa in una complicata simultaneità di punti di v

i

sta. Dopo il 1914, prima dello scoppio della guerra mondiale, Marc realizzò quattro dipinti: Forme gaie, Forme in gioco, Forme in lotta e Forme frantumate.

Rimandano già con il titolo alla conquistata libertà nell’ambito della composizione formale. Questa serie di tele, divisa in quattro parti, sembra essere nel suo sviluppo formale, dal gioco alla lotta ed infine alla distruzione, una profezia della guerra imminente.

In Forme in lotta i motivi paesaggistici possono essere soltanto supposti. La rappresentazione è dominata da due grandi forme rosse e nere in movimento vorticoso. Queste tagliano in diagonale la superficie della tela formando una zona di colore chiaro ed una di colore scuro. Nei punti di congiunzione i colori si compenetrano.

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