giovedì 25 novembre 2010
martedì 23 novembre 2010
I Barberini avevano già cominciato ad alienare le loro collezioni nel Settecento con le vendite dell'ultima discendente, Cornelia Costanza, sposata a Giulio Cesare Colonna di Sciarra. Le liti ereditarie dei figli che si dovettero dividere le primogeniture Colonna e Barbe
rini, portarono ad una divisione delle collezioni fra i due rami della famiglia, con un accordo stipulato a Parigi nel 1811.
Solo nel 1934 si arrivò alla definitiva dispersione delle collezioni, con l'avallo dello Stato, che, con una specifica legge, permise la vendita delle opere fidecommissarie in cambio di un piccolo nucleo in proprietà, rinunciando alla tutela di una delle più importanti collezioni fidecommissarie romane.
Solo nel 1984 si arrivò ad una migliore definizione dell'ordinamento riportandolo nella sua sede storica originaria la
collezione Corsini, e portando tutte le opere di provenienza da acquisti o da collezioni prive della loro sede storica nel palazzo Barberini. L'intento era di creare in questa sede, quando fosse stato possibile, una Galleria Nazionale nel vero senso del termine, ordinata cronologicamente ma con la possibilità di inserire nel percorso acquisti e integrazioni, differente quindi come concezione dalla struttura definita dalle collezioni storiche del panorama romano, viceversa di impianto molto più vicino ai grandi musei stranieri e dotata come questi di tutti i più moderni servizi.
venerdì 12 novembre 2010
le nostre case non sono altro che un network di bolle di sapone che, da un momento all’altro, sono in grado di svestirsi di qualsiasi abito e lasciare che anche azioni più intime, come la doccia, siano comuni perché si condividono gli stessi serbatoi per l’acqua!! Non esiste più un fuori e un dentro..se ci impegnassimo al minor dspendio possibile di energia e iniziassimo a considerare tutto ciò che sprechiamo durante la giornata, la situazione non sarebbe così grave come quella che viviamo nel nostro eco-sistema!
giovedì 11 novembre 2010
Il progetto riguarda la realizzazione di quattro grandi aree verdi e attrezzate all'interno del quartiere EUR integrando il concetto del parco all'interno del paesaggio urbano. E' stata scelta la forma pura e quasi metafisica del cilindro, la cui monumentalità apparente è addolcita da materiali in legno e attraverso l'applicazione di una struttura di costruzione molto semplice; il sistema di strati inoltre è in grado di alleggerire il peso dei suoi volumi. Il progetto non si riduce ad un singolo oggetto, ma gli elementi architettonici si estendono in uno spazio aperto tra diverse attività. Mentre lo spazio interno ospiterà i clienti, offrendo servizi di informazione, la "spazio intermedio", creerà una rete organizzativa, attraverso "isole" integrate.Queste isole possono ospitare una sorprendente varietà di servizi collettivi, dando un carattere diversificato per le singole aree all'interno del parco. A tale scopo quattro moduli sono stati progettati: CO 1 (1 mt di diametro interno ospita il settore amministrativo, info-point e distributori automatici; CO 2 (2 mt di diametro interno)con banchi stand, chioschi, info-box, sanitari e altri servizi; CO4 (4 mt di diametro) è destinato a punti di attrazione per i clienti, come negozi, piccole agenzie, strutture di supporto agli utenti, internet point, punti informativi ... così come la gestione tecnica del parco, con i comandi delle centrali elettriche e gli spazi progettati per il personale ; Co8 (8 mt di diametro)ha una struttura versatile, perchè in grado di ospitare qualsiasi tipo di attività in base alle esigenze,anche di gioco e di benessere.
sabato 6 novembre 2010
Oskar KOkoschka iniziò la sua carriera artistica come designer per le “Wiener Werkstatten”. Ne era diventato collaboratore già nel 1907, mentre era ancora studente della rinomata scuole dell’artigianato di Vienna. Josef Hoffmann e Koloman Moser avevano fondato le “Werkstatten” come una comunità di lavoro di artisti ed artigiani, con l’obbiettivo di strutturare ogni ambiente in base ad un concetto estetico globale. Inizialmente nei vari laboratori vennero realizzati esclusivamente lavori in oro, argento, metallo e in tessuto in base ai progetti di Josef Hoffmann e Koloman Moser. Ci si occupava della copertina di un libro con la stessa dedizione e con lo stesso successo che per l’arredamento completo degli ambienti. KOkoschka creò soprattutto cartoline postali, ventagli e vignette. Anche se i suoi progetti mostrano caratteristiche tipiche della “Wiener Werkstatten” come la linea decorativa e la forma che risente dell’influenza dello Jugendstil, si lasciano comunque individuare caratteri espressionistici. L’anno 1908 fu decisivo per KOkoschka in quanto, in occasione di una mostra organizzata dalla Secessione viennese, espose per la prima volta disegni di arazzi. I delicati e sensibili nudi di fanciulle furono uno scandalo, ma anche un successo. Non solo Klimt ma anche Loos, suo grande amico, riconobbero in lui un talento innato, nonostante la stampa lo condannasse come pittore del demonio.
Tra le opere dell’Espressionismo i ritratti di Kokoschka appaiono per diversi aspetti singolari. Nessun altro artista si è concentrato in maniera così esclusiva su tale soggetto, i ritratti degli artisti della Brucke erano nient’altro che esercitazioni di colori e forme. Al contrario KOkoschka non rimane ancorato alla superficie: egli persegue una penetrazione psicologica, riesce a conferire espressione allo stato d’animo del modello. Si è parlato spesso di uno sguardo radioscopico con il quale le sue tele perforano la superficie e scrutano nel profondo al fine di mettere in luce la vera natura dell’uomo. Il fatto che proprio in quegli anni, a Vienna, Freud abbia fondato la psicanalisi, non è da considerarsi una coincidenza ma una reazione alla società borghese.
Anche per KOkoschka il problema è quello tipico di tutti i pittori espressionisti: investire le cose con l’alito rovente della propria passione sino a scioglierle, costringendole a tradire il proprio segreto. Il suo soggettivismo è sempre stato condizionato dalla realtà che gli sta davanti, continua a viverci nonostante il suo costante tormento. Quindi il suo mezzo espressivo doveva comunque essere immediato, un po’ come gli impressionisti, veloce, vibrante, ma da permeare di tutta una nuova sostanza psicologica. Per KOkoschka la pittura è costante fervore, è viva esaltazione di tutto l’essere ma è ugualmente importante l’espressione di un’idea, un concetto. Questa convinzione gli permetterà in seguito di affrontare temi civili o addirittura politici sul piano della grande composizione, come nella vasta tela che dipinse a Vienna nel 1931 sul tema della Previdenza infantile di Vienna socialista e nei quadri politici che dipingerà contro lo scatenamento del razzismo e delle violenze hitleriane.
Nei suoi ritratti KOkoschka preferisce solitamente il busto. In tal modo la gestualità delle mani, accanto all’espressione del volto, diviene un elemento rilevante, con il quale l’artista caratterizza il suo modello. Le mani vengono inoltre ritratte in proporzioni esagerate, in modo che il loro significato venga ulteriormente accentuato. La posizione di queste, sia che stiano gesticolando animatamente, sia che rimangano semplicemente giunte, rimane spesso l’unico momento di attività nelle raffigurazioni di modelli seduti, nella maggior parte dei casi immobili e privi di partecipazione.
KOkoschka non cercò mai l’armonia degli espressionisti ma piuttosto
la tensione nervosa. La superficie viene mantenuta in una tonalità opaca e priva di forti contrasti, stende il colore in maniera molto fluida con il pennello o direttamente con la mano. Le superfici dello sfondo sono modellate attraverso il colore, spazialmente indefinite, su cui spiccano i volti e le mani, mentre i contorni dei corpi dei personaggi ritratti appaiono di sovente poco chiari. Il doppio ritratto Hans Tietze ed Erica Tietze-Conrat, 1909, ha tutte le caratteristiche dei suoi primi ritratti. L’intera superficie è mantenuta sulla tonalità bruno-dorata, dalla quale si distaccano i corpi dei personaggi ritratti. Nella tela non si trova alcuna armonia o intesa nell’espressione e nei gesti delle figure. Mentre Tietze s’inclina leggermente e tende le mani verso sua moglie, questa retrocede con una espressione pietrificata sul volto e poggia le braccia al petto, in atteggiamento protettivo. Attraverso la rappresentazione psicologica KOkoschka conferisce ai singoli personaggi un’espressione morbosa, insana. In seguito si trasferì a Berlino dove collaborò alla nascita della rivista di Walden “Der Sturm”. Durante le prime annate vennero pubblicate riproduzioni dei suoi disegni che procurarono rapidamente a KOkoschka enorme successo.Dal 1911 inizia una serie di dipinti ad olio, in formato grande, che trattavano temi biblici: Fuga in Egitto,1911, Crocifissione, 1912, Annunciazione,1911. La struttura pittorica si addensa e si consolida, la superficie diviene opaca. Stimolato dall’esempio orfista e cubista, il motivo viene coperto da un reticolo di pennellate stese prismaticamente, di modo che la colorazione appare frantumata. Un dipinto quale l’Annunciazione, riesce ad unire entrambi i soggetti, inserendo il paesaggio nella rappresentazione di figure. Con la raffigurazione di Maria, già visibilmente gravida e dell’angelo nudo e asessuato, KOkoschka crea un linguaggio simbolico assolutamente personale e libero dall’iconografia biblica tradizionale. Nel 1915 Alma interruppe la sua relazione con KOkoschka e sposò nello stesso anno Gropius, fondatore del Bauhaus.
KOkoschka soffrì molto per questa separazione, continuò a dipingere la sua amata in numerose tele a tal punto da far realizzare una bambola con le sue sembianze. Incaricò la sua sarta di aiutarlo nell’impresa, descrisse minuziosamente in alcune lettere tutte le indicazioni e le caratteristiche che doveva avere questa bambola e aiutò la sarta nel confezionamento. “deve inoltre tenere presente che la mano ed il piede conservino anche nudi qualcosa di attraente, di vivo, non appaiano informi, ma nervosi. La grandezza più o meno tale che vi si possa infilare un’elegante scarpa da donna, perché a Vienna ho conservato una gran quantità di biancheria femminile e di vestiti proprio con questa intenzione. Per quanto riguarda la testa l’espressione è molto strana, faccia il possibile per eliminare ogni traccia della fattura e del lavoro manuale!sarebbe possibile aprire la bocca? Ci sono anche i denti e la lingua dentro? Ne sarei felice.” Il risultato non riuscì a soddisfare le fantasie eccentriche ed esaltate di KOkoschka. Deluso, anzi inorridito, scriveva: “ Gentile signora, che cosa dobbiamo fare ora? Sono atterrito dalla sua bambola che, nonostante io fossi da tempo preparato al passaggio dalla fantasia alla realtà, contraddice in molte cose ciò che io pretendevo e speravo da lei. L’involucro esterno sembra la pelliccia di un orso polare, adatto forse a quelle imitazioni che servono da scendiletto, ma non alla morbidezza ed alla delicatezza di una pelle femminile, mentre noi avevamo sempre messo al primo posto l’illusione data dal tatto”. Intanto il suo stile pittorico si evolse nuovamente. KOkoschka stende ora i colori in bande dense e serpeggianti sempre più pastose. In tal modo la superficie viene messa in movimento ed il motivo acquista un’agitazione nervosa. In un dipinto come Coppia d’amanti con gatto figure e paesaggio ricevono un’immensa plasticità che conduce ad un maggior realismo della pittura. Nella coppia d’amanti, nella quale la donna volge le spalle all’uomo insistente, KOkoschka elabora ancora una volta la propria situazione personale.
Dal 1919 in poi divenne insegnante all’Accademia delle Bella Arti di Dresda, la sua opera si era affermata e collezionisti e musei acquistarono i suoi quadri. Senza la presenza di questo artista, il paesaggio dell’espressionismo germanico mancherebbe di uno dei suoi elementi fondamentali. Vd. Pietà 1908, La sposa del vento, 1914.
L’espressionismo
della Germania Settentrionale.
La mappa geografica immaginaria dell’espressionismo tedesco marca diverse città e regioni di particolare importanza. La comunità di pittori “Die Brucke” ha fatto di Dresda la città principale. Per quanto riguarda Monaco, il suo polo opposto, non è possibile parlare di un gruppo con un proprio programma teorico. Gli artisti si ritrovarono essere usciti dalla “Nuova associazione degli artisti di Monaco”, in un circolo di amici costituitosi intorno all’equipe redazionale dell’almanacco Der Blaue Reiter.
Un’esposizione alla Galleria Arnold di Dresda aveva richiamato l’attenzione dei membri della Brucke, nel 1906, sull’opera di Nolde. Lo invitarono a partecipare al loro gruppo e Nolde vi aderì, rimase membro per un anno e partecipò alle loro esposizioni. Quando poi, nel 1907, essendo sua moglie Ada ricoverata in una clinica di Dresda, si stabilì per un certo tempo in questa città entrando nuovamente nel gruppo di pittori della Brucke ma alla fine dell’anno si separò, in quanto il suo spirito era solitario ed estraneo ad ogni spirito di gruppo. La vita e l’opera di Nolde sono caratterizzate dalla chiarezza delle finalità che si propose, dalla schiettezza con cui credeva nella missione dell’artista, che imponeva ad ogni lavoro artistico un alto senso di disciplina morale. La sua origine a
veva impresso nel suo modo di essere, di pensare, di agire, una traccia più forte di quanto non fosse avvenuto presso i contemporanei pittori tedeschi. Il mondo della Germania del Nord, l’esperienza della gioventù, la tradizione spirituale del suo paese d’origine, furono i motivi chiave della sua vita.
La sua vita artistica partì da un lavoro in una bottega di artigianato e in seguito in fabbriche di mobili. I primi lavori artistici di Nolde furono acquerelli delle montagne elvetiche, ritratti, disegni acquerellati di vecchie case di San Gallo. Una nota tutta personale egli conferì alle caricature ad acquerello delle montagne svizzere, in cui riproduceva la natura in figurazioni grottesche. In seguito a diversi viaggi in Francia, Monaco, Berlino, la sua arte non ne uscì modificata fino al 1901 in cui nacquero opere che presentavano da un lato paesaggi e uomini sulla terra, dall’altro coglievano temi fantastici. Realtà e fantasia furono i due poli tra i quali l’arte di Nolde doveva rimanere tesa per tutta la vita: ma la realtà si allargava e sublimava in fantasia, la fantasia trovava attendibilità nelle immagini. “ quando più ci si allontana dalla natura e tuttavia si rimane naturali, tanto più l’arte è grande”: questa asserzione di Nolda è una chiave per comprendere tutta la sua opera e ne abbraccia il doppio aspetto nella fusione di fantasia e verità, indicando la duplice fonte dell’arte noldiana : osservazione naturalistica e visione.
I mezzi stilistici di questi anni Nolde li attinse prevalentementedall’Impressionismo. Portò comunque avanti le sue originarie caratteristiche attribuendo maggiore intensità al colore e animando la sua scrittura con una fitta rete di brevi, energiche, pennellate. La forza ed il temperamento pittorico sono essenziali per la sua arte, infatti la riflessione, la meditazione, le considerazioni teoretiche sulla sua opera gli furono sempre estranee. Nella consonanza con la natura e con la sua terra, nell’approfondimento della propria esperienza, l’arte di Nolde mostra una propensione verso le più semplici forme di vita, per il mondo primitivo; così i suoi paesaggi furono sempre paesaggi primordiali e le sue figure presentano esclusivamente caratteri essenziali. Elemento essenziale per Nolde fu la scoperta di figurazioni fantastiche nelle immagini delle nubi e delle onde. La natura diviene immagine e, di contro, l’immagine viene assorbita ancora dalla natura.
Anche la forza espressiva del colore ed il valore emozionale del disegno e della composizione furono intesi da lui in senso metaforico. Nel 1905, durante un soggiorno in Sicilia, realizzò Piazza San Domenico II, Taormina, facendo tesoro del tema dei giardini e dei fiori che aveva scopertodurante un suo soggiorno ad Alsen qualche anno prima, ed il colore raggiunse una forte carica espressiva, determinante per l’arte Espressionista. La tela presenta delle pennellate più libere che scorrono dense e pastose lungo l’intero motivo, conferendo alle forme ed al luogo, agli alberi e agli edifici lo stesso movimento scintillante. Tutt’altra cosa il cromatismo. La forte carica espressiva, che aveva acquisito precedentemente, non fu raggiunta in quest’opera.
Durante il suo breve sodalizio con la Brucke, realizzò Giardino di Fiori, 1908,Nel 1909, Nolde lavorò intensamente per il suo dipinto L’ultima Cena, tema religioso frequente nei suoi dipinti. In una serie di disegni completati ad acquerello, l’artista aveva preparato le teste degli apostoli, cercando l’espressione tipica e la forza della semplificazione. Nel quadro il gruppo degli Apostoli con il Cristo è costretto in uno spazio assai limitato; la serie delle teste e l’espressività dei gesti sono cariche di significato; la rinuncia ad ogni particolare dispersivo, la riduzione alla più semplice forma di rappresentazione, mostrano che l’artista si è affrancato da tutti i ricordi espressionistici. Ma l’elemento essenziale di questo mutamento stilistico sta soprattutto nell’uso del colore, che diventa mezzo espressivo dominante la cui “vita” viene intimamente accentuata dalla luce esterna. Chiarezza strutturale, immediatezza dei contrasti, sobrietà di linguaggio ne fanno un opera davvero monumentale. Un altro tratto caratteristico di Nolde appare per la prima volta in questo quadro: la disciplina con cui dominava ogni suo lavoro artistico, per quanto forte potesse essere l’emozione creativa. Lungi dal costituire un elemento di disturbo, questo controllo protegge Nolde da ogni casualità. Come il colore è ora usato nel suo senso proprio, così lo spazio, non più profondità, è inteso nel suo valore più intimo. La vicinanza e la distanza tra le figure, non dipende più dalla composizione o dalla rappresentazione di un azione, quanto dall’interpretazione del contenuto. La forma è precisa, il segno sicuro. Dimenticata la vibrazione della superficie tipica dei primi quadri, si presenta ora il netto contrasto tra l’oggetto ben determinato e lo sfondo indistinto.
Dal 1909 Nolde si distacca fortemente dall’Impressionismo per ritrovare grande libertà nella tematica, nei paesaggi e nelle figure che d’ora in poi trovano grande carica espressiva. La novità è stata apportata da una nuova posizione rispetto ala realtà che Nolde ha acquisito dopo aver trascorso alcune settimane nel porto di Amburgo, scoprendo atmosfere e paesaggi semplici ed essenziali, allo stesso tempo. Diede vita a numerose acqueforti e gli oggetti furono rappresentati da un segno, libero da dettagli e cromaticamente studiati.
Nel Rimorchiatore sull’Elba del 1910 mostra questo raffinamento cromatico. Ora Nolde rinuncia alla realtà oggettiva, abbracciando le sue immagini in una forma di unità interiore e con ciò dotandole di una nuova forza suggestiva, con una tensione destinata ancora ad accentuarsi nei quadri e negli acquerelli ispirati alla vita notturna di Berlino e composti nell’inverno tra il 1910 e il 1911. Nolde cercava delle parvenze che in se stesse contenessero espressività; ogni disegno, ogni acquerello, ogni quadro diventa l’avventura della traduzione dell’elemento ottico in una forma piena di tensione. Nel dipinto
Al caffè, le superfici del colore rosse e gialle, conferiscono al motivo una radiosità cangiante, quasi allucinante. La figura seduta a sinistra, in primo piano, con il suo abbigliamento scuro, mette maggiormente in rilievo la carica espressiva dei colori chiari. All’imponente figura maschile, corrispondono come contrappeso le figure femminili sedute al tavolo con una seconda figura maschile. Tutte le persone raffigurate siedono tranquille, rilassate, eppure l’immagine possiede un notevole euforismo interno, accentuato dal cromatismo aggressivo. Gli sguardi con i quali gli uomini osservano la donna sembrano volere un approccio che la donna timidamente avverte, abbassando la testa. Nolde si addentra in un mondo a lui sconosciuto ma che riesce sapientemente ad esprimere da osservatore diretto.
L’affiorare della vita nascosta in ogni apparenza visibile portò Nolde ad interessarsi ad Ensor. Infatti raggiunse il Belgio per conoscere la sua arte. I soggetti di Ensor sono maschere esotiche, nature morte rese con la tecnica dei popoli primitivi per cui il colore acquistava sempre più un significato simbolico.
I viaggi di Nolde, intrapresi dal 1914 in poi, alla ricerca di paesaggi esotici e primordiali, intensificavano sempre di più la sua arte di particolarità e ricchezza cromatica. Componeva sempre sulla traccia della memoria e si liberava così dalla forza delle sue impressioni. Così la sua arte continuò ad evolversi sino alla fine della sua vita: la sua opera si basò solo ed esclusivamente sul suo rapporto con la natura e l’uomo.
Vd. Maschere e dalie, 1919, la leggenda di S. Maria Egiziaca, 1912, Porto mediterraneo di notte, 1930.
L’ Espressionismo renano
“ l’esposizione mostra come nella grande corrente dell’espressionismo sia attiva una serie di forze che non possiede affinità esteriori, bensì soltanto una direzione comune della for
za, che si esplica nell’intenzione di dare espressione allo spirito soltanto attraverso la forma. L’obbiettivo è la pittura assoluta”.
Queste sono le parole di Ernst, uno degli artisti che aderì al movimento Espressionista renano, in occasione di una loro mostra. Questo gruppo di artisti è caratterizzato da una serie di personalità individuali non legate da un programma comune. L’innovatore e l’organizzatore di questo gruppo fu August Macke, oltre ad essere la figura artistica di maggior rilievo. Egli voleva fare della Renania il terzo centro, accanto a quello di Berlino e di Monaco. Anche i critici dell’epoca riconobbero presto la pluralità di stili all’interno del gruppo.
August Macke , ha un repertorio di soggetti scelti al quan
to differente dalla Brucke, da Dix, da Grosz o Kokoschka. Una delle particolarità che li univa era sicuramente lo spirito di opposizione verso la società guglielmina oltre che accademica. Ma l’intera opera di Macke muove verso l’armonia lasciandosi indietro la sofferenza e i soprusi della guerra e della società borghese. Lo stesso elemento può essere constatato in Marc, di cui fu grande amico. Le figure che popolano i giardini paradisiaci dei dipinti di Macke erano molto estranei dalla sua cerchia: dame vestite di bianco, alla moda, con cappelli a larghe tese, uomini in abiti eleganti. Nell’ozio domenicale pa
sseggiano davanti alle vetrine, lungo i viali e nei parchi, oppu
re si riposano nei giardini dei caffè. Sono i tipici personaggi contro la quale si è sempre schierato il movimento espressionista. Macke
ebbe contatti con l’arte impressionista prima tramite una raccolta privata di uno zio acquisito, che finanziò lui e i gruppi della Brucke e Blaue Reiter. In seguito fece un viaggio a Parigi dove constatò di persona l’innovativi esperimenti di Monet, Manet, Degas, Pisarro e in occasione di quest’incontro disse: “ ho l’impressione di passare da un cratere alla luce del sole”.
A Monaco ebbe esperienza delle tele di Matisse e fecero su d
i lui un’altra forte impressione e il debutto di colori intensi, stesi per superfici, risale direttamente a quella esperienza. Le singole tonalità sono ora limitate chiaramente le una dalle altre. I motivi m
ostrano un costruzione, semplice, lineare e statica. Durante la sua vita ha molte volte sostenuto il gruppo Blaue Reiter, economicamente ed artisticamente anche se, nelle lettere private inviate a Marc, suo grande amico, parla negativamente di loro ed in particolare di Kandinsky!
Tra il 1912 ed il 1913 ci furono due importanti incontri: l’orfismo di Delaunay che fu
responsabile di una profonda ritmizzazione del colore, mentre il cubismo ed il futurismo provocarono l’utilizzo di forme rigide. Infatti le sue rappresentazioni furono invase da una rigida costruzione tettonica, integrando le superfici in una compagine formale ordinatrice. Ad esempio di tutte queste influenze possiamo citare Ragazze al bagno con città sullo sfondo
, 1913, definito da un infinito numero di segmenti circolari; paesaggio con mucche e cammello, 1914, chiaro esempio di adattazione all’orfismo e Composizione a colori, definita da u
n forte senso di astrazione. Rifiutò sempre il dinamismo e la simultaneità del futurismo ma ne riprese la raffigurazione di uomini e donne al passeggio. A Parigi fece visita a Delaunay e alla sua pittura orfica: dalle forme cubiche del Cubismo, aveva creato una pittura pura di colori scissi prismaticamente, mantenendo un cromatismo ridotto. La superficie è ricoperta da una costruzione geometrica di piani, che i contrasti di colori chiari e trasparenti penetrano ritmicamente dissolvendone il carattere statico. Motivi naturalistici, i tetti delle case, i campanili si ritrovano nei dipinti di Delaunay e soprattutto le finestre di cui la luce diventa il tema. Per Macke la luce è un mezzo per accentuare i contrasti e la luminosità cromatica.
Paesaggio con mucche e cammello è definito da una struttura g
eometrica di triangoli opposti l’uno all’altro. In opposizione alle tonalità scure, collocate verso i margini, il giallo splende radioso al centro della composizione.
Nel 1913 dipinge il Grande giardino zoologico, su un trittico su cui dispone tutta la rappresentazione, senza interruzioni. Egli intende questo giardino zoologico come un giardino paradisiaco, dove uomini e donne si incontrano nella natura, la scena è dominata dalla tranquillità e l’uomo è in armonia con gli animali e la natura. I personaggi sono tipici della classe borghese del tempo, ben vestiti, che passeggiano in un paesaggio idealizzato, alla ricerca di un paradiso terrestre di cui trattò anche in altre opere, face
ndo riferimento al mondo orientale.
Con Ragazze sotto gli alberi, 1914,
Macke definisce una composizone dello sfondo molto più libera e l’immagine è messa in risalto dal contrasto cromatico del blu con il bianco.
Nel 1912 Macke scrisse al filosofo Eberhard Gri
sebach : “ bene o male devo dirle qualcosa sul Cubismo. Tutte queste cose, Cubismo, Futurismo, Espressionismo, pittura astratta, non sono che i nomi dati a una svolta che il nostro pensiero artistico vuole fare e sta facendo. Nessuno ha mai dipinto gocce di pioggia sospese nell’aria : sono sempre state rappresentate come strisce. Ora si dipingono allo stesso modo una vettura che passa in corsa sobbalzando, luci tremolanti, gente che balla, così noi percepiamo i movimenti. Il futurismo è li, terribilmente semplice. Le sue possibilità artistiche, contro le quali si è fatta tanta filosofia, sono semplicissime da dimostrare. Ma si dice sempre che spazio, superficie e tempo sono cose differenti, che non si possono mescolare. Se solo fosse possibile separarle. Io non so farlo. Il tempo gioca un ruolo importante nell’osservazione di un quadro. Un quadro viene coperto, nel corso della sua creazione, da una rete ritmicamente scandita di colori, linee e punti, che nella sua forma finale rievoca una somma di movimento vivo. L’occhio corre dal blu al rosso, al verde, a una linea nera, si imbatte in una improvvisa eruzione di bianco, la segue, si confonde in una delicata macchia gialla, dalla quale si staccano piccole macchie rosse, queste si trasformano in macchie verdi e all’improvviso lo sguardo corre di nuovo sul blu, sul rosso, sul verde questa volta guidati da nuove forme, iniziando un nuovo ciclo. Intere parti appaiono calde, color arancio, vermiglie, altre fredde, nere, blu, bianche, grigie. È impossibile percepire questo in un momento. Il tempo è inseparabile dalla superficie”.
Max Beckmann occupa una posizione particolare nella storia dell’arte del XX secolo. Come Otto Dix e George Grosz, scoperse se stesso nel caos della guerra. Le stragi del fronte agirono su di lui come spinta a un’arte drammatica, ammonitrice. Il suo verismo non ebbe mai la scarna e fredda esposizione di un Dix, ma l’ur
tante vociferazione di un profeta. Egli non sa trovare le cause del male, egli del male prova solo l’angoscia e lo sgomento. La sua arte suona a stormo sull’uomo disumanato. I suoi quadri sono ingombri di figure gesticolanti. Egli è un vero espressionista e nelle sue tele il risultato non è una foga visionaria ma esclude la soluzione nell’astrattismo.
Si potrebbe considerare l’opposto di Kandinsky, poiché secondo lui l’invisibile si manifesta solo attraverso il mondo oggettivo. Per questo i suoi quadri sono così imponenti. Ci dà una rappresentazione della realtà sguaiata, urlante ma sempre since
ra e contro il fato, che lui sostiene avere il potere sull’u
omo, depone tutte le sue fiducie sull’uomo stesso. Beckmann rifiuta le effusioni del cuore, tanto più il tema è patetico tanto più diventa severo e sprezzante.
“da una spensierata imitazione del visibile, da una degenerazione debolmente artistica, da un tumefatto misticismo falso e sentimentale, speriamo di giungere ora all’oggettivismo trascendente, quale può scaturire da un amore profondo per la natura e per gli uomini”.
Un quadro come la notte, 1919, che ha per tema una strage perpetrata in una casa da una banda di malviventi, resta tra i suoi esempi più tipici di questo periodo. L’ansia metafisica che è
in Beckmann non diventa per lui un veicolo di fuga e ciò conferisce alla sua problematica una forza vera. Questo è il Beckmann più resistente, più vitale, superiore a quello che verrà poi con immagini più strutturalmente decorative. Egli ritroverà l’energia di un tempo solo ogni volta si troverà a scontrarsi con l’asprezza della vita.
Nel 1906 furono realizzate laGrande scena di morte e la Piccola sc
ena di morte, tentativi di elaborare l’esperienza della morte dell’amata madre e di vincerne il dolore. La luminosa pennellata impressionistica lascia il posto ad un tratto solido, racchiuso in forme compatte. Il cromatismo si riduce alle tonalità scure ed opache del marrone e dell’ocra. In tal modo spicca il bianco del letto, collocato parallelamente al motivo. Nella Grande scena di morte, di forma quasi quadrata,
il letto del moribondo viene posto al centro dell’immagine. Il corpo, debole ed emancipato, la bocca aperta, gli occhi socchiusi, lotta senza più forza contro la morte. Attorno a lui Beckmann ha raccolto tre persone che hanno differenti modi
di reagire; per questo si avvicina più a Munch ( camera mortuaria, 1893) e non all’espressionismo della Brucke o della Blaue Reiter. Dopo il suo matrimonio con Minna Tube, di cui era profondamente innamorato e a cui dedicò numerose sue opere, prese il filone di un Gericault e Delacroix, realizzando opere di tema religioso e mitologico. Volle ridar vita ad un genere storico-artistico che non era più di moda. Cercò di definire una moderna metafora della realtà e della situazione dell’uomo contemporaneo. Partecipò attivamente alla guerra, dalla quale sperava di poter trarre immagini essenziali per la sua arte, visto lo scarso apprezzamento delle sue due precedenti opere, scene del declino di Messina e Il naufragio del Titanic, in cui egli sostiene non abbia reso molto per mancanza di partecipazione personale alle scene.
Dopo un forte crollo psicologico di trasferì a Francoforte sul Meno e qui vi dipinse l’Autoritratto con sciarpa rossa, 1917, ritraendosi nell’atelier, davanti al cavalletto, con lo sguardo fisso verso un punto, gli occhi spalancati e la bocca deformata. La sua testa scarna non ha nulla in comune con un normale cranio e sul volto rispecchia gli orrori visti durante la guerra. La croce formata dalla finestra non dà la possibilità di guardare oltre, di andare avanti con lo sguardo. In seguito Beckmann concentra l’attenzione su di lui, sull’individuo, sulla sua impotenza, non lasciandosi mai strumentalizzare politicamente. Dal punto di vista estetico-formale, Beckamnn opera importanti modifiche: riduce il suo cromatismo, fluidifica la pennellata, utilizza marroni opachi, grigi e gialli che dominano la superficie e qualche accento di colore è dato da pochi colori scintillanti. I volti e i corpi appaiono pallidi e malaticci, allungati e spigolosi, con membra distorte. Il tratto rude della puntasecca gli ha permesso di rendere a pieno questi volti sfigurati dal dolore, sempre più simili ai volti gotici che a quelli precedentemente sviluppati da Beckmann di genere barocco.
La notte, 1918, è stata contrassegnata da una precisa fase temporale durante la quale ha svolto l’opera; questo è di fondamentale importanza per Beckmann in quanto vuole che il futuro osservatore di quella tela conosca l’ambito storico-temporale, in cui è stata realizzata. La violenza della strada penetra nelle case, tre sgherri sono penetrati in una piccola stanza sotto il tetto e terrorizzano una famiglia pacifica ad indifesa. Strangolano l’uomo e gli spezzano un braccio, spogliano, legano e violentano la ragazza. Gli assi del pavimento, il tavolo, le travi del tetto e i corpi riempiono la tela e mostrano un complicato intreccio di linee. La prospettiva è stravolta. La composizione presenta “linee e superfici acute e taglienti come un cristallo” attraverso una luce pallida ed irreale. Fino ad ora non si è riusciti a decifrare la vera identità del quadro, l’identità della donna sulla destra così come uno dei tre sgherri sembra essere più un borghese.
Beckmann dà un importante valore a questa tela “dare all’uomo un’immagine del suo destino”.
Vd La sinagoga, 1919, Martedi grasso a Parigi, 1930, Il sogno, 1921.
Lyonel Feininger occupa una posizione autonoma e decentrata all’interno dell’espressionismo tedesco. Pur essendo in contatto con i diversi gruppi, dal punto di vista stilistico non si lascia inserire in nessuno di questi. Con Heckel e Schmidt-Rottluff, sviluppò una profonda amicizia e nel 1913 espose i suoi quadri assieme Al Blaue Reiter. Fu insegnante al Bauhaus di Weimar e Dessau. Lasciata da parte la sua passione per la musica, nei suoi anni a Berlino si dedicò al disegno delle caricature per riviste umoristiche e tra il 1906 e il 1911 diede vita ad una grande produzione di opere interessanti. Il tratto estroso ed angoloso, le figure esageratamente allungate ed una prospettiva spaziale esasperata, si ritrovano come caratteri stilistici tipici anche in un dipinto come Strada al crepuscolo, 1910. La colorazione particolare di questa fase, costituita dalle tonalità del rosso e del blu, mescolate con il viola, domina anche queste scene e conferisce loro un’espressione irreale e misteriosa.
A Parigi, nel 1911, incontrò le opere dei cubisti e cambiò definitivamente la sua arte. La città divenne il tema dominante, ed affascinato dall’architettura dei paesi della Turingia, riportò in molte delle sue rappresentazioni il campanile. Abolisce la prospettiva e compone sinteticamente il motivo architettonico con forme cubiche frantumate prismaticamente ed incastonate in modo complesso che conferiscono alla struttura una tettonica severa ed un’intrinseca monumentalità. I suoi colori, inoltre, si distinguono sempre per una leggera trasparenza inondata di luce. Negli anni Venti le rappresentazioni di paesaggi costieri si oppongono ai panorami di città. Mentre in questi ultimi si dissolve la compattezza degli edifici in delicati e lucidi strati di colore, nei primi gli elementi indefiniti e lucenti dell’acqua e dell’aria acquisiscono una solida struttura geometrica.
“lì dove precedentemente aspiravo al movimento ed alla irrequietezza, ho sentito e cercato di esprimere la perfetta ed ineluttabile calma degli oggetti e perfino dell’aria che li circonda. Quel mondo che maggiormente si allontana dalla realtà”. Vd. Strada al crepuscolo, 1910, il paese Alt- Sallenthin, 1913.
Anche Conrad Felixmuller, di fronte agli orrori della guerra, iniziò a concepire la sua arte come impegno politico. Oltre alla pittura ricorse soprattutto alla tecnica grafica dell’incisione sul legno. Questa gli permetteva un metodo di lavoro spontaneo e la trasposizione diretta delle sue idee.
I contrasti di colori puri della “ Brucke” divennero per l’Espressionismo di Felixmuller essenziali e nel 1917 nella galleria di Dresda espose insieme alle opere di Kirchner, Heckel e Schmidt- Rottluff anche i lavori di Felixmuller. Così da questa esperienza, le sue tonalità del rosso e del viola vengono esasperate, dando vita anche a contrasti stridenti, che talvolta raggiungono effetti estatici. Il suo repertorio di forme approfitta, invece, degli stimoli formali del cubismo. Ma solo in alcuni esempi, più nelle incisioni sul legno che nei dipinti, osò scomporre in maniera prismatica il motivo e frammentare gli elementi figurati per ottenere una simultaneità di visione. In seguito mantiene lo spazio unitario ma semplifica i motivi, costruendoli con forme simili a dei blocchi spigolosi. “senza essere cubista costringevo la forma naturale verso la forma di base, la struttura assoluta”, da lui chiamata “cubismo sintetico”. Elementi espressionisti e cubisti sono stati per Felixmuller dei mezzi formali che gli artisti si erano conquistati nel decennio precedente, compiendo in tal modo una rivoluzione estetica, che egli utilizzava per conferire al suo messaggio un’eloquenza estremamente concentrata.
Dopo essersi duramente battuto a livello politico per tentare di imporre delle trasformazioni sociali, negli anni Venti si rese conto del completo fallimento e anche la sua vena artistica si modificò: lo stridente cromatismo lascia spazio ad una concezione spaziale di tipo naturalistico ed una colorazione opaca; i temi personali acquisiscono un peso sempre maggiore. Vd. Lavoratori sulla via del ritorno a casa, 1921, operai di una fabbrica sotto la pioggia, 1922, la morte del poeta Walter Rheiner, 1920.